Diritto all’oblio come esercitarlo: le nuove norme per eliminare menzioni e URL da Google

Con le nuove norme gli individui guadagnano un maggior controllo sulle loro informazioni personali conservate online.

Il paesaggio digitale è in continua evoluzione, e con esso, le normative che regolano la privacy online e il diritto individuale a essere dimenticati. Al centro di questo scenario si trova il cosiddetto “diritto all’oblio”, una disposizione che ha acquisito una nuova dimensione con le recenti sentenze europee, influenzando direttamente il modo in cui Google gestisce le richieste di rimozione di contenuti personali dai suoi risultati di ricerca.

come si esercita l'oblio digitale
Tutti hanno diritto a veder rimosse menzioni e URL legati alle propria persona dal browser di Google – computer-idea.it

La normativa, radicata nelle leggi sulla protezione dei dati dell’UE, consente agli individui di richiedere l’eliminazione di link a informazioni personali considerate obsolete, irrilevanti o altrimenti inappropriate. Questa facoltà assume particolare rilevanza in un’era caratterizzata da un accesso pressoché illimitato a informazioni di ogni genere, dove il passato di una persona può essere eternamente incatenato a un semplice clic di distanza.

Fondamentale per ogni individuo: ecco il diritto all’oblio

La svolta arriva con una decisione giudiziaria in Svezia, che ha portato Google a modificare il suo approccio nelle notifiche di rimozione agli editori dei siti web. In passato, il gigante della ricerca informava gli editori quando un URL veniva eliminato dai risultati di ricerca in base al diritto all’oblio. Tuttavia, la corte svedese ha stabilito che tale pratica costituiva una violazione della privacy dell’individuo richiedente, spingendo Google ad adottare una politica più riservata.

come funziona il diritto all'oblio su google
Google ha nuove norme per eliminare menzioni e URL dal proprio browser – computer-idea.it

Questa mossa, che Google ha deciso di applicare su scala globale, segna un cambiamento significativo nel dialogo tra privacy individuale e libertà di stampa. Gli editori non riceveranno più dettagli specifici sulla rimozione dei contenuti, anche se ovviamente restano in grado di sapere che una rimozione è avvenuta. In ogni caso, non riceveranno motivazioni dettagliate in proposito.

La decisione della corte svedese e l’adeguamento di Google riflettono l’importanza crescente del diritto alla privacy nell’era digitale, ma pongono anche nuove sfide nel mantenimento di una rete trasparente e informativa. La fine delle notifiche dettagliate agli editori da parte di di Big G solleva la questione su come i giornalisti possano continuare a identificare e contestare abusi del diritto all’oblio senza compromettere la privacy degli individui.

Inoltre, la storia dell’implementazione del diritto all’oblio da parte di Google, con quasi un milione di richieste di rimozione gestite e oltre la metà respinte, sottolinea la complessità della valutazione di tali richieste. Ogni caso porta con sé una ponderazione tra il diritto alla privacy dell’individuo e l’interesse pubblico alla disponibilità delle informazioni.

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